martedì 9 febbraio 2010

“Con lei è arrivata la classe...” Billy Wilder



"Per avere labbra attraenti, pronuncia parole gentili
Per avere uno sguardo amorevole, cerca il lato buono delle persone
Per avere un aspetto magro, condividi il tuo cibo con l’affamato
Per avere capelli bellissimi, lascia che un bimbo li attraversi con le proprie dita una volta al giorno.
Ricorda, se mai avrai bisogno di una mano, le troverai alla fine di entrambe le tue braccia.
Quando diventerai anziana, scoprirai di avere due mani, una per aiutare te stessa, la seconda per aiutare gli altri. La bellezza di una donna aumenta con il passare degli anni. La bellezza di una donna non risiede nell’estetica, ma la vera bellezza in una donna è riflessa nella propria anima.
E’ la preoccupazione di donare con amore, la passione che essa mostra."

Audrey Hepburn


Audrey Hepburn icona di raffinatezza è ancora oggi simbolo incontrastato d'eleganza. Nata a Beuxelles il 4 marzo 1929 era figlia di un banchiere di origini anglo-irlandesi e di un aristcratica olandese. Sin da piccola frequenta scuole private per poi trasferirsi in Olanda dove trascorre il periodo della II Guerra Mondiale. A causa della carestia dell'inverno del '44 e della confisca delle risorse alimentari da parte delle SS soffrì di malnutrizione. In quegli anni la famiglia si stabilì ad Amsterdam dove Audrey ricominciò a studiare danza e iniziò a lavorare come indossatrice.Trasferitasi nel dopoguerra a Londra lavorò come modella e iniziò a recitare nel cinema. Nel 1953 ottiene il suo primo ruolo da protagonista nel film di William Wyler “Vacanze romane” e vince l'oscar. Un altra nomination arriva l'anno dopo per il film “Sabrina” di Billy Wilder. Nel settembre del '54 sposa Mel Ferrer. Due straordinari successi personali arrivano con “Colazione da Tiffany” e “My Fair Lady”. Divorziata nel 1968 sposa un medico italiano da cui nasce il suo primo figlio. Dopo il secondo matrimonio appare raramente sul grande schermo ma diventa ambasciatrice nell'Unicef nel 1988, e continua a lavorare a progetti per l'infanzia fino alla sua morte avvenuta in Svizzera nel 1993. Perfetta teen-ager beneducata con il suo maglione nero a collo alto e la sua figura esile da ballerina, incarnava uno stile perfetto e un' eleganza naturale. Folgorante icona dello chic con il suo tubino nero in “colazione da tiffany” incanta con il suo portamento la sua freschezza e il suo carisma. Il vero lusso secondo gli stilisti che la vestirono era l'opzione della semplicità. Si disse che il modo con cui portava le ballerine era “il modo più sexy di scendere dai tacchi”. Introduce i maglioni da marinaio, i pantaloni alla pescatora, le camice bianche da uomo, i suoi occhiali da sole oversize e la cosidetta “scollatura Sabrina” con spalle scoperte e fatta per nascondere le clavicole ossute. Ha imparato a vestirsi in modo minimalista quando era squattrinata. Sceglie sempre modelli semplici e lisci. Il suo taglio corto e sbarazzino contrasta con le onde dolci e sinuose dei capelli biondo platino di gran moda negli anni '50. Possiamo dire che tra tutte le grandi dive era di certo la meno trasgressiva e forse la più spiritosa, una che ormai cinquantenne diceva “Sono troppo magra per spogliarmi”. Mette all'asta i suoi vestiti da cui ricava fondi per i bambini più disagiati del mondo. Di lei adoro come dissero “ gli occhi da cerbiatta, il sorriso che va dritto al cuore e la sua semplice eleganza”.


Carolina Fanchin

mercoledì 20 gennaio 2010



"Quando ero piccola, nessuno mi diceva mai che ero carina; bisognerebbe dirlo a tutte le ragazzine, anche se non lo sono." Cit. Marilyn Monroe


Marilyn Monroe, la donna più bella di tutti i tempi, è tutt'ora (nonostante il canone di bellezza tutta curve degli anni Cinquanta sia totalmente cambiato) l'icona di femminilità e sensualità per eccellenza, il simbolo della seduzione.

Norma Jeane Baker è nata a Los Angeles da Gladys Monroe, la quale soffriva di gravi disturbi mentali, e da un uomo tutt'ora sconosciuto. Già a sedici anni si sposa, probabilmente per trovare nel marito Jim Dougherty una famiglia e un “happy end” della sua triste infanzia. Il marito si arruola in Marina, lasciando sola Norma Jeane. Nel frattempo viene scoperta da un fotografo dell'esercito e quindi catapultata nel mondo della moda. La ragazza, con troppo bisogno di quell'amore che non aveva trovato sposandosi, vuole avere successo, essere amata da tutti e diventare la stella più brillante di tutte. Nel maggio del '46 chiede il divorzio e l'anno stesso firma il suo primo contratto cinematografico con la Fox.

Le qualità per diventare una star ci sono tutte: fra corsi di portamento, recitazione e canto, la bellezza spontanea ed ingenua di Norma Jeane si trasforma in quella sensuale e ammiccante di Marilyn Monroe. Sono anni critici per lei, tanto da posare nuda in un calendario, con tutti gli scandali che ciò provocherà. Lo fece solo per avere i soldi per vivere, non per malizia; infatti il compenso fu di soli 50 dollari. A partire dal '49, Marilyn inizia ad apparire in svariati film: i più celebri sono “Gli uomini preferiscono le bionde” oppure “Quando la moglie è in vacanza”, la cui celebre scena della metropolitana fu la scintilla che fece scoppiare il suo secondo e brevissimo matrimonio. Nonostante fosse nel pieno della sua carriera e sempre circondata da uomini, non era mai soddisfatta di sé, così si mise a studiare recitazione all'Actor's Studio. Siamo nel 1956 e in quest'anno viene celebrato il suo terzo matrimonio con Arthur Miller. Nel '60 la sua fragilità e insicurezza si manifestano a tutti: continui ritardi, crisi, abuso di alcol e farmaci... Sul set de “Gli sposati”, che era stato scritto appositamente per lei dal marito, la sua relazione con Miller entra in crisi, fino al divorzio nel gennaio del '61. La giovane Marilyn, che era la più desiderata e amata, rimase nuovamente sola; proprio lei che più di ogni altro temeva la solitudine. Cercava di colmarla con il sesso, sperando di trovare un equilibrio, ma tutte quelle storie occasionali finivano per lasciarla sempre più sola. Nel 1962 durante le riprese di “Something's got to give, la Fox licenzia la Monroe per la sua intrattabilità, ma dopo qualche mese viene riassunta, senza tornare mai sul set.

Nella notte tra il 4 e il 5 giugno 1962, la nostra diva muore nella sua casa; molti pensano al suicidio, altri all'omicidio a causa delle testimonianze di probabili mandati di assassinio da parte dei fratelli Kennedy (con i quali aveva avuto delle relazioni), della mafia e pure del Kgb.

L'amara verità sulla morte della donna più bella della storia sta scritta, però, su una lapide:

Hollywod è quel posto dove ti pagano 1.000 dollari per un bacio e 50 centesimi per la tua anima. Io lo so perché ho spesso rifiutato la prima offerta, ma ho sempre accettato i 50 centesimi.”.


Laura del Petrarca e Fiammetta del Boccaccio


La figura di Laura è molto più realistica rispetto alle donne che appaiono nella letteratura medievale,in quanto subisce i cambiamenti portati dal tempo e ha una condizione psicologica più viva e mossa.Nonostante questo,però,non è del tutto ''umana'' in quanto presenta ancora le caratteristiche della donna angelicata ( "da’ capei d’ oro, dal collo di latte, dalle guance infocate, da’ sereni occhi, dal dolce viso").
Il Canzoniere si divide contenutisticamente in 2 parti:una prima e una dopo la morte della donna.Qui l’ amore non può avere più niente di sensuale; è l’ amore di una morta, viva in cielo e può liberamente spandersi. Petrarca non vede più "i capei d’ oro" e "la rosse dita", ma vede soprattutto " la donna" che prima fu una creatura taciturna e indefinita in vita e ora una creatura affettuosa e premurosa che vive dopo la morte. Quindi in vita Laura ha fornito la testimonianza dell’ opposizione tra il senso e la ragione, tra la carne e lo spirito.


Dall'ultima parte del 1°sonetto che fa da proemio all'Amorosa Visione:

Cara Fiamma, per cui 'l core ò caldo,
que' che vi manda questa Visione
Giovanni è di Boccaccio da Certaldo

Boccaccio descrive così il suo amore per questa donna che, secondo alcuni riferimenti, si tratterebbe di Maria dei Conti d’Aquino di Napoli e, secondo altri, non è neppure mai esistita (quindi si può pensare ad una figura esclusivamente letteraria frutto dei vari amori che hanno coinvolto il poeta nel corso della sua vita).Essa compare in più di un romanzo scritto da questo poeta: la si può trovare in vari racconti (quasi tutti scritti durante la sua giovinezza), tra i quali il Filostrato, il Ninfale Fiesolano, Elegia Madonna Fiammetta per terminare con l'Amorosa Visione. Si tratterebbe, forse, del primo caso in cui la donna è l'unica vera protagonista del romanzo.Boccaccio nell'Amorosa Visione, non descrive Fiammetta, come fa il Petrarca con Laura che la raffigura come una creatura superiore, bensì come una donna completamente terrena e sensuale, che si lascia facilmente sedurre e corteggiare da chiunque e che tradisce con relativa disinvoltura senza preoccuparsi di ciò che sta facendo.In un altro suo romanzo “Elegia di madonna Fiammetta”, l'autore la descrive diversamente dalla realtà perché, in questo caso, è lei quella ad essere tradita da un uomo di nome Panfilo da cui era stata amata prima, ma che poi l'ha lasciata a sua insaputa sposandosi con un'altra donna.In definitiva, si può dire che Boccaccio ha conferito a questo personaggio femminile varie sfumature riguardo alla sua personalità, soffermandosi maggiormente sull'aspetto sentimentale nell'Elegia madonna Fiammetta e più su quello fisico nell'Amorosa Visione.


Denis Guerra , Lazzari Matteo

sabato 16 gennaio 2010




“I suoi capelli mossi color miele, i suoi occhi verdi, intensi e profondi, il suo corpo slanciato e marmoreo. Un sorriso dolce e affettuoso, che ad ogni risata mostrava le sue simpatiche fossette, per non parlare poi della sua carnagione olivastra.
Una ragazza e i suoi capelli color del miele. Camilla.
Quella mattina vestiva in rosso e bianco, colori che sembravano essere stati creati apposta per lei. La camicetta attillata le faceva risaltare i seni e la gonna faceva scorgere le sue bellissime gambe.”



Questo è quello che emerge nel racconto “Gioventù Bruciata”.La ragazza non è descritta in maniera troppo approfondita, ma questo può dar spazio alla fantasia di ognuno dei lettori. Camilla si può immaginare come si vuole. I suoi capelli miele, gli occhi verdi, il sorriso, sono solo alcuni particolari rispetto al resto. L’omissione di una particolareggiata descrizione è volontaria. Sarebbe stato scontato descrivere “solo” una bella ragazza, magari anche ricca. Solo il carattere si può intuire dal breve racconto, il resto è racchiuso nella mente di tutti coloro che leggono di lei. Camilla è alta e bassa, magra ma anche in carne. Questo perché non è specificato l’aspetto, ma la sua “essenza”.
Camilla ha un ruolo fondamentale nella vicenda: tutte le azioni del protagonista, Riccardo, dipendono da lei. La decisione stessa di marinare la scuola è influenzata dal messaggio della ragazza, così come il cambiamento di destinazione da Venezia a Verona e altro. Camilla è una ragazza decisa, che non ha paura di affrontare un’avventura come quella del racconto. Riccardo è fortemente invaghito di lei, e coglie quindi ogni suo particolare, dettaglio. Da quel che si può leggere Camilla è una ragazza abitudinaria, che ama la moda e la sfrutta per sottolineare la sua bellezza, allegra e solare, fisicamente non magrissima, labbra carnose, occhi verdi, capelli mossi e chiari, carnagione leggermente scura.

La Monaca di Monza



Marianna De Leyva, nota come la Monaca di Monza, fù la protagonista di un celebre scandalo che sconvolse Monza all'inizio del XVII secolo. La sua fama attuale si deve soprattutto al romanzo
I promessi sposi, nel quale Alessandro Manzoni inserì la sua vicenda sotto le mentite spoglie di suor Gertrude.
Il padre della donna in questione era, per sventura sua e di molti altri, un ricco, avaro, superbo ed ignorante signore.
Gertrude dimostrava venticinque anni e dava a prima vista un' idea di bellezza. Un velo nero, sospeso e stirato orizzontalmente sulla testa, cadeva ai lati del viso; sotto il velo portava una bianchissima benda di lino che l’ avvolgeva fino in vita. La fronte era di diversa ma non inferiore bianchezza rispetto alla benda. Portava una seconda benda a pieghe che le circondava il viso, e terminava sotto il mento in un soggolo, che si estendeva sul petto in modo tale da coprire lo scollo del saio nero. Insieme a due sopraccigli neri che si ravvicinavano aveva due occhi neri. Le guance pallidissime scendevano con un contorno delicato e grazioso ma alterato da una lenta estenuazione. Le labbra, quantunque appena tinte d' un roseo sbiadito, spiccavano in quel pallore: i loro movimenti erano, come quelli degli occhi, rapido, vivi, pieni d' espressione e di mistero. La grandezza ben formata della persona scompariva in un certo abbandono del portamento o compariva sfigurata in certe mosse repentine, irregolari e troppo risolute per una donna, e soprattutto per una monaca. Nel vestire stesso c'era qua e là qualcosa di studiato e di negletto, che annunziava una monaca singolare: la vita era attillata con una certa cura secolaresca e dalla benda usciva su di una tempia un ciuffo di capelli neri; cosa che dimostrava o dimenticanza o disprezzo della regola, che prescriveva di tenerli sempre corti.


La monaca di monza era di natura molto bella ma le aspirazioni di una famiglia la portarono a sciupare tale bellezza e a segregarla dietro un abito religioso. Lei infatti era destinata e non voleva fare la monaca tant’ è che finì per avere un amante.
Stefano Niero e Marco Gasparotto

Le infermiere nel pensiero collettivo


Nell’ immaginario collettivo le infermiere vengono solitamente guardate con un occhio diverso dalle donne e dagli uomini. Per le donne l’infermiera è considerata come un esempio da imitare per l’ impegno, il sacrificio e la costanza con cui queste esercitano il proprio lavoro. Per gli uomini il punto di vista è un po’ diverso: sarà per il fascino della divisa e dello charme di chi la indossa ma le infermiere vengono spesso associate a pensieri erotici di vario genere. Va comunque considerato però che l’ infermiera viene vista tutt’ oggi come una persona che si prende cura di te e che ti protegge nei momenti di difficoltà. Anche questo aspetto non va sottovalutato: infatti, spesso le infermiere sono giovani e piene di vita a dimostrazione del fatto che con la loro allegria danno una grossa mano nel guarire in quanto vedere una persona bella e giovane che si prende cura di te aiuta, dato che ti da una speranza. La divisa occupa un importante tassello nell’ immaginario sociale collettivo degli uomini in quanto le infermiere vestono di bianco ma la divisa può variare portandosi dal verde al blu chiaro. In passato e anche ai giorni nostri seppur in maniera minore, la divisa veniva e viene considerata come simbolo di purezza e sacralità e doveva dimostrare che l’infermiera era coraggiosa e pronta al sacrificio in ogni momento. Le caratteristiche che contraddistinguono l’infermiera sono la dolcezza, pazienza e tenerezza includendo anche l’amore verso il prossimo. In sostanza, per gli uomini l’infermiera viene vista come la moglie ideale in grado di curarti e di mantenerti per tutta la vita. Molti film hanno come protagoniste delle infermiere e abbiamo una breve descrizione di un’infermiera nel libro “I piccoli maestri” di L. Meneghello il quale recita “… aveva fatto il corso di crocerossina, e si vede che aveva in casa l’uniforme bianca con la croce scarlatta…”.
Alessandro Bregalda, Samuele Saggiorato

Il partigiano

Il partigiano è un combattente armato non appartenente a un esercito ufficiale, che spesso combatte con azioni di guerriglia, piuttosto che con scontri diretti.
Le prime bande di partigiani in Italia, nacquero prevalentemente dopo l’8 settembre 1943, dagli ex militari appartenenti alle Regie Forze Armate presenti al centro-nord Italia. A questi ex militari si unirono poi antifascisti attivi, esiliati o inviati al confino dalla dittatura.
Ogni partigiano, per non rischiare di essere riconosciuto e identificato dalla polizia fascista, non veniva mai conosciuto con il proprio nome, ma si conoscevano solo per soprannomi inventati.
Una divisa partigiana non esisteva realmente, ma c’era un’uniforme base. I partigiani si vestivano infatti con giacche rubate ai militari, camicie di color rosso o giacche semplici, come quelle che venivano usate tutti i giorni ed erano ornate da fazzoletti colorati o emblemi di vario genere, usati principalmente per distinguere un gruppo da un altro. Infatti più che da un’insegna o una divisa comuni, i partigiani si identificavano per le loro idee politiche, in contrasto con il regime fascista dell’epoca. Le armi tipiche dei partigiani erano i superati fucili Carcano, meglio conosciuti come “parabelli”, soprannome derivato dal tipo di munizioni utilizzate, le 9 millimetri parabellum. Oltre ai fucili, però, i partigiani utilizzavano anche pistole di vario genere, le più utilizzate erano però le Beretta M34 e M35, e mitragliatrici leggere, come la Breda mod 30. Solitamente, come già accennato precedentemente, ogni gruppo raccoglieva persone con ideali comuni, e i gruppi solitamente facevano riferimento a partiti politici avversari del partito fascista, come il Partito Comunista Italiano, o il Partito d’Azione, di cui faceva parte l’autore vicentino Luigi Meneghello, di cui abbiamo letto le esperienza da partigiano nella sua opera “Piccoli Maestri”.
Carlan Gian Marco e Corato Alberto